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domenica, gennaio 29, 2012

Recensione: The Killing


Chi ha ucciso Rosie Larsen?

Questa serie non è decisamente Twin Peaks, e Rosie Larsen non è Laura Palmer, l'aspettativa che una ventina di anni fa attirò masse di pubblico verso quel capolavoro di sperimentazione televisiva realizzato David Lynch e prodotto dalla ABC non è certo la stessa che ci porta a segure la serie Fox “The Killing” ma, è anche vero che questo show si muove sulla stessa falsariga del suo illustre antenato.

The Killing si muove anche sulla traccia di Fobrydelsen serie Tv danese del 2007 di cui è il remake made in U.S.A.



Questa serie ci piace abbastanza, specialmente la regia, la sceneggiatura e i personaggi.
Quello che non ci piace è la trama.

Partiamo con ordine.

La Seattle mostrata in The Killing è l'opposto della Cape Cod della signora Fletcher, qui non c'è un rassicurante e patriottico luogo narrativo, questa America è uno spaccato del presente che potrebbe anche essere in Europa o in Russia, se pur riconoscibile questa Seattle è un non-luogo contemporaneo assolutamente scialbo disturbante e credibilissimo.

La fotografia rende al massimo questa impressione e mantiene tutto sotto una luce cupa e gelida, forse a tratti troppo monotona con un effetto 'Blade Runner', ma certamente efficace.

I personaggi sono decisamente ben riusciti, molto credibili e poco patinati, felicemente bruttini come la gente normale. Sono in qualche modo degli stereotipi rimescolati in salsa contemporanea ma funzionano molto bene, sono ben scritti e nello sviluppo della serie si sfumano decisamente e acquistano umanità, ambiguità e spessore.

La regia è tutta da scoprire e ci conduce allo scopo della serie in modo non convenzionale ma misurato, anche se il ritmo è a tratti monotono.

Quello che decisamente delude è la trama:

------------------------------Spolier-----------------------------------------------------------------------

The killing sarebbe stata una miniserie perfetta ma soffre della lunghezza della serie completa: gli autori ci fanno annegare nelle ipotesi.
Dopo una partenza emozionante si sviluppa una struttura monotona in cui si incontrano temibili sospetti e poco dopo si scartano e 'avanti il prossimo', una puntata sembra che l'assassino sia tizio e la successiva dimostra che tizio non c'entra e per di più emergono dettagli completamente diversi che ci portano in direzioni sempre nuove.
In poche parole si allunga il brodo e si ammoscia la tensione perché gli elementi di trama che che vengono svelati a serie ben inoltrata risultano estranei allo spettatore e quindi meno coinvolgenti.

In questa annata carente di buone serie di genere consigliamo caldamente “The Killing” anche se continuiamo a rimpiangere Laura Palmer.



lunedì, ottobre 17, 2011

Recensione: Californication.


Californication è una messa a nudo da vedere assolutamente. Il sesso, la corruzione e la famiglia sono, a mio avviso una parte marginale e superficiale di questo show, probabilmente quello della storia della tv americana dove si pronunciano più spesso le parole vagina e pene, ma il sesso e il sentimento sono solo colore.
Se togliamo i personaggi principali di Moody (David Duchovny, l'agente Moder di X-Files) e del suo agente Charlie Runkle  (Evan Handler), le due maschere di tragedia e commedia che spingono avanti la narrazione, cosa rimane? Rimaniamo noi.
Intorno ai due si muovono personaggi dalla libertà incompiuta, terribilmente umani, scombinati e danneggiati la cui banalità è limite e assoluzione al contempo, una per tutte la musa Karen (Natascha McElhone) che non si capisce se sia scritta in modo pessimo o perfetto.
Californication è come un'autoscontro che ha nel sesso la sua elettricità in cui solo Moody e Runkle hanno la chiavetta infinita e tutti gli altri pagano il gettone, ma proprio come i gestori del luna park anche i due satiri sono imprigionati nel gioco e costretti a restare creature di fantasia dietro lo specchio, lo specchio di questo presente occidentale che la serie racconta così bene.
Con qualche alto e basso tutte le stagioni sono ben scritte e dramma e surrealtà si mescolano con un ritmo decisamente soddisfacente.
E' ideata e scritta dal 2007 da TomKapinos e trasmessa da Showtime.



martedì, settembre 13, 2011

Recensione: Borgia

I borgia e the borgias: RecensioneDoppia.


Il 2011 ha visto la messa in onda didue serie tv sulla casata dei Borgia.




'The Borgias' prodotta dalla Showtime(quelli di Dexter e Nurse Jackie) è scritta da Neil Jordan premio oscar per “La moglie del soldato” nel 1993 , Rodrigo Borgia è interpretato da Geremy Irons, e la prima stagione è di nove episodi che sono andati in onda da aprile 2011 sul canale via cavo statunitense. La gemella si intitola 'Borgia', è una produzione Anglo Tedesca, è creata e scritta da Tom Fontana (tre Emmy per la serie Oz), e diretta da Oliver Hirschbiegel. Rodrigo Borgia è interpretato da John Doman ed è trasmessa in anteprima mondiale su Sky Cinema in questi giorni di settembre 2011.




Questa recensione si basa sulla visione dei primi due episodi delle due serie: l'impressione è ottima per entrambe.

The Borgias. Showtime. USA
(To be or not to be)

Il punto di forza di questa serie sta nel dramma. Qui la storia è presa a prestito per la realizzazione di una vicenda umana intensa e avvincente dai vaghi toni shakespeariani che riflettono sulle tensioni e passioni umani forte di una sceneggiatura e interpretazioni degne di nota.
La produzione è certamente più economica della gemella europea, è meno fedele alla storia (confrontate le due serie su wikipedia per vedere il numero delle inesattezze storiche) ma è indubbiamente più intrigante da subito,complice una scrittura intensa e una grandiosa interpretazione di Geremy Irons che interpreta un Rodrigo molto umano e testo tra ambizione e fragilità. Il dramma e l'intrigo la fanno da padrone, cast escenografia sono dignitose e, a tratti perfette, per rendere credibile il tutto e ne risulta una messa in scena forte e avvincente.



(SPOILER)
Da segnalare: il personaggio di Enrichetto il sicario, è fantastico. 

La sigla iniziale è fantastica come in tutte le recenti produzioni Showtime.




I borgia. UK-GER (La storia siamo noi.)

La produzione è maestosa, qui adifferenza della produzione americana si mette veramente in scena la storia.
C'è un dispiegamento imponente perraccontare l'epopea di una famiglia inserita in un preciso contesto politico internazionale. Lo spaccato è fedelissimo e molto istruttivo.
L'inizio è fortemente penalizzato dalla necessità di introdurre il contesto storico politico, gli equilibri e spiegare chi è chi, per cui ogni battuta è strumentale ed estremamente didascalica. Questa giostra rinascimentale parte lentamente, quasi come una docu fiction alla History Channel, veramente a tratti troppo didascalica, poi da metà della seconda puntata quando lo spettatore ha assimilato i veri ruoli, equlibrii, e personaggi, allora la scrittura si alleggerisce concentrandosi decisamente sulla narrazione e a quel punto decolla prendendo un ritmo serrato e avvincente.



C'è una voglia un po' eccessiva di raccontare le dissolutezze dell'epoca: alcuni nudi e scene erotiche sono buttati là non avvolti di narrazione ma scoperti e sciattati.
La versione doppiata in italiano è terribile, le voci sono scadenti e trascurate.
Purtroppo parte del cast è italiano e le voci sono le loro.
La scenografia e i costumi sono fantastici e creano veramente l'illusione di una finestra nel tempo, la fotografia lavora quasi sempre in luce chiara fortissima simulando la luce solare naturale con una resa molto realistica ma anche creando un po' l'effetto 'Ispettore Derrik'.
Titoli e sigla sono mediocri.

Conclusioni.

Da vedere assolutamente entrambe.
A noi italiani insegna bene molto del nostro animo e ci mostra i reali meccanismi del potere e della politica che sono rimasti praticamente Identici.
In questo senso queste due serie sono un perfetto punto d'incontro tra l'esigenza neo realistica americana che, punta a raccontare con maggiore verità la tensione etica e narrativa all'interno dei personaggi, e non più sul piano della banale azione eroica, e la tendenza europea a cercare un'afflato epico più al servizio della narrazione e della messa in scena che del tiepido prodotto televisivo per famiglie. Per approfondimenti vedi l'articolo Carta Canta ! su Carmilla.

:).





giovedì, giugno 30, 2011

Boardwalk Empire Recensione


Continua la ricerca di Scorsese nelle viscere del nostro presente.

Il suo cinema è sempre impregnato di una sorta di neorealismo americano, il racconto lucido e spietato degli argini e delle derive della vita intorno a sé. Il presente metropolitano nudo e crudo di Taxi Driver e l'altrettanto crudo romanzo famigliare di Toro Scatenato sono specchio di una generazione non solo di immigrati italiani, la generazione del regista stesso, mai raccontata prima davvero. Poi il cinema di Scorsese si fa storico, l'esigenza di raccontare la realtà circostante diventa esigenza di ricostruire le epoche in modo verosimile per disfare, in qualche modo, i danni che l'epica e la retorica hollywoodiana hanno fatto nell'immaginario collettivo, per infrangere il sogno americano e restituirne tutta la realtà.

Così dal il viaggio individuale dalla famiglia Scorsese passa alle famiglie, italiane o iralndesi in (The Departed) risalendo l'albero genealogico dell'america degli immigrati passando dai sessanta ai cinquanta di Good Fellas e Casino, gli anni trenta di The Aviator fino ad approdare alle tribù di immigrati in guerra di Gangs of New York e indietro ad esplorare i modi, gli schemi mentali e le convenzioni sociali degli americani dell'ottocento in L'età dell'innocenza, tutto per mostrarci “ecco da dove veniamo, ecco chi ha reso tale il nostro mondo”.

Adesso il regista produce la bellissima serie HBO Boardwlk Empire ideata da Terence Winter, già creatore de I Soprano, Scorsese firma la regia dell'episodio pilota. Con questa serie il regista produttore sistema un ulteriorie tassello alla sua neorealistica enciclopedia americana specchio dell'immaginario e dell'identità di tutti noi occidentali.


In Boardwalk Empire conosciamo l'america degli anni venti, quella dei reduci della grande guerra e del proibizionismo, il passaggio tra otto e novecento: il tramonto di una generazione di uomini potenti, già moderni fondatori e padroni delle città americane, una generazione di che da lì a poco sarebbe svanita nell'oblio, divorata dalle giovani istituzioni federali e da nuovi conquistatori simbolo della contemporaneità come Al Capone e Lucky Luciano, padri fondatori della malavita di oggi. Vediamo ritratti magistralmente le vestigia epiche della costruzione degli Stati Uniti, il crepuscolo degli uomini che plasmarono selvaggiamente la frontiera in modernità mentre sorgono e si strutturano gli elementi del novecento, le convenzioni politiche e civili, i riti, gli ideali, i valori su cui vivie il nostro presente.


La serie è realizzata con personaggi stupendamente pensati e interpretati da un cast e da una sceneggiatura d'eccezione in cui sono significativi e studiati persino gli sguardi, le pause i gesti. I costumi e gli effetti scenografici sono meravigliosi e lasciano poco al caso se pur si notano delicati inserti originali.
Ormai le serie americane hanno acquistato da un decennio la facoltà di raccontare la realtà ( ne abbiamo parlato diffusamente qui in “accadde in negli USA” ) la capacità di mettere in scena personaggi complessi e sfumati. La lotta tra il bene e il male non segue più il modello retorico tradizionale di cow boys accerchiati contro i selvaggi demoni pellerossa.

Con rinnovata energia la cultura televisiva popolare americana sta esplorando tutte le declinazioni possibili del conflitto morale e della tensione tra verità e menzogna.
L'idea stessa della realtà, dell'identità, della patria e della sua storia sono in ballo qui.
Nucky Thompson interpretato magistralmente dal grande Steve Buscemi è l'America, graziosamente in bilico tra generosità e avidità, vibrante di umanità ma allo stesso tempo disumano, così come sempre in bilico sono tutti i protagonisti, sempre sul filo dell'umanità e dell'abisso.

Certamente insieme a Six Feet Under e Mad Men, Boardwalk Empire è una delle serie più significative della produzione americana recente.

giovedì, aprile 22, 2010

Ground Zero. Recensione di Nurse Jackie.


Beh accidenti.
Abbiamo parlato delle serie tv e del loro cambiamento post 11 settembre.
Abbiamo detto come l'immaginario americano dopo decenni di dialettica simmetrica e retorica eroe contro antieroe abbia perso la bussola.
L'immaginario era 'Lost', sperduto, la morale e anche la retorica.
Nella frammentazione si sono aperte nuove ricerche, il conflitto narrativo, finalmente si è spostato dentro i personaggi, l'imperativo era di trovare i buoni e i cattivi, indagare la natura stessa del male. Trovate tutto qui.

Adesso dopo l'apice retorico e la caduta sperduta siamo a tabula rasa e si può mostrare altro, finalmente, come la naturale contraddizione umana senza risposte.
Gli americani, dopo la felice prova generale di Six Feet Under, si sono finalmente concessi di rappresentare le cose come sono, con leggerezza, ironia ma anche squallore e fastidio, rinunciando finalmente alla retorica moralista e rassicurante.
In Nurse Jackie, prodotta dal canale via cavo Showtime (quelli di Dexter), con la bravissima Edie Falco, già vista ne i Sopranos e in Oz, si mostra una verità, forse la più plausibile che mai, anni luce da Doctor Sherlock Holmes House, che inciampa ogni giorno in malattie misteriose e che ha pronti esami in cinque minuti. E qui, principalmente si rinuncia a rispondere al posto dello spettatore, l'opera mette in scena delle cose e lo spettatore ci fa i conti, senza filtri e imbeccate.
Sta a noi decidere, i personaggi, sono buoni o no?, ci piacciono o no? ma perchè il personaggio che amo fa questa cosa che mi fa ribrezzo?

cazzo questo è pensare, brrr.. che impressione.

Tutti sono bravissimi i personaggi sono da godere e anche quando sono maschere si disfano di balle e stereotipi rifritti.

Grazie.
Godetene.
Se aspettiamo l'Italia per delle serie 'serie', stiamo freschi.


lunedì, novembre 30, 2009

V side.


I Visitors sono tornati.

Sul canale abc quelli di Lost, Desperate
Housewives, Scrubs, eccetera, è appena iniziato il remake di Visitors.
Per chi, come me, ha visto la serie originale negli anni ottanta e, da ragazzino, l'ha amata, non può che essere una bella sorpresa. E' lo stesso creatore della serie originale Kenneth Johnson, a riproporre i "V" aggiornati e corretti in questa epoca di rinascimento televisivo che vivono le serie americane da qualche anno in qua.


Per la cronaca Johnson è decisamente uno che ci sa fare, oltre ai Visitors, ha scritto e prodotto serie che hanno formato l'immaginario degli anni
settanta ottanta:
L'uomo da sei milioni di dollari, La donna bionica e la prima fantastica serie dell'Incredibile Hulk, quella con Lou Ferrigno.
Oggi rimane la forza della storia originale, il tema dei visitatori che dividono la società tra fiducia e sospetto; come negli anni ottanta si indaga il senso dell'apparire e quale sia la vera natura del nemico.

Allora, a metà anni ottanta, la guerra fredda batteva gli ultimi colpi, la tensione era comunque presente, Sting doveva ribadire che "anche i russi amano i loro bambini", il nemico dell'America iniziava a far vedere la propria umanità e forse la serie giocava proprio sulla paura di trovarsi gli invasori fuori la porta armati di sorrisi e buone intenzioni solo per rivelare al colono ancora spaventato, che dietro lo specchio dei capelli laccati, il mostro verde era sempre in agguato.


Il mondo è molto cambiato da allora e, abbiamo visto come le poetica narrativa delle fiction americane, dal duemila, abbia subito una rivoluzione copernicana.
Nell'intervento su Carmilla mesi fa, ho parlato di questo processo e questo post è un update di quello.
Lo trovate qui.



Torniamo a V-Visitors.

Adesso il nemico non sta dietro una cortina di ferro ma sta in mezzo a noi.
Ci troviamo di fronte ad un paradosso, se allora la guerra mondiale era fredda ma il nemico era ben visibile per gli americani e stava nel blocco sovietico oggi che le guerre, se pur locali, sono molto calde, il nemico scomparso, frammentato e indefinito, è il terrorista, il vicino di casa, il poliziotto col manganello, l'immigrato l'agente dei servizi segreti.

Oltre agli aggiornamenti stilistici e visivi, per cui la serie moderna è più bella ma un po' meno kitch e 'verace' dell'originale, c'è, nella nuova, una gsossa novità che la rende narrativamente up to date.


-Spoiler----------------------------
nella nuova versione scopriamo che i Visitatori sono stati preceduti da esploratori e agenti V che si sono infiltrati tra gli umani per creare (guarda un po') celle dormienti e facilitare la conquista nella fase finale.
Direte voi, ma come mai una razza conquistatrice più avanzata tecnologicamente ha bisogno di infiiltrare alieni tra noi?Infatti i Visitors non ne avrebbero bisogno, ma gli autori si:


1. Questa trovata permette di aggiornare la paura dell'invasione alla paura corrente di questo inizio millennio ovvero: chiunque può essere il nemico, il nemico è tra noi.
2. Oltre ad avere nemici infiltrati ci sono anche Visitors (buoni) ribelli, delle prime mandate, che si sono ribellati ai capi e cercano di combatterli .
---Fine Spoiler--------------------------------------------------------
La serie è stata comprata dal canale mediaset premium Joi dove passerà tra poco e poi certamente in chiaro sui canali mediaset.

In America e "on Web" la serie è alla quarta puntata e sembra procedere bene, un buon ritmo narrativo, bei personaggi e lo stesso clima teso dell'originale. La serie, come tante, salterà il mese di Dicembre e tornerà dal quinto episodio da, ahimè, marzo.

Buona visione, ah dimenticavo...Controlla ortografia
.... qui nessuno mangia i topolini.

Sito Abc

Bellissima l'attrice che fa Anna la capa dei 'V' interpretata da Morena Baccarin, grande Elizabeth Mithcell che abbiamo conosciuto
in Lost ma che qui ha uno spazio maggiore, e forti sia i personaggi del prete in Action, Padre Jack e lo statuario Morris Chestnut .
il alla fine pero' devo ammettere

La storia sarà all'altezza, certamente, ma come si fa a dimenticare loro, così belli e tamarri insieme?




lunedì, ottobre 20, 2008

Carta Canta / Rock The Borbons



Da oggi potete leggere un mio intervento sulla rivista on line Carmilla on line in merito al dibattito su New Italian Epic.

Il N.I.E. è una nebulosa di opere letterarie riconosciute per prime da Wu Ming 1 come parte di un qualcosa, accomunate da caratteristiche comuni e dall'intento di usare l'epica, il romanzo storico, il romanzo d'inchiesta o ache oggetti narranti non identificati per contribuire ad affrontaer il presente e guardargli sotto le gonne.

Qui l'incipit del pezzo, ri resto su CARMILLA

CARTA CANTA / ROCK THE BORBONS!



"Accade in Italia": mostri, "fattore melodramma" ed entertainment. Echi e coincidenze di poetica tra letteratura nostrana e serie TV d'Oltreatlantico, daLost a Dexter passando per Heroes
di Daniele Marotta*[In calce a questo post: news internazionali, annunci e link a discussioni sul NIE]
All'inizio dell'estate cercavo di riordinare le idee sul New Italian Epic per scrivere questo intervento, e mi stupivo di come l'oggetto delle mie riflessioni fosse ovunque, nell'attualità di cinema e TV. Erano i giorni di Cannes 2008, Il divo di Paolo Sorrentino e Gomorradi Matteo Garrone venivano celebrati dalla giuria di Sean Penn e splendevano alle luci della ribalta mondiale.
Il 30 di maggio la puntata di
Anno Zero di Michele Santoro, al mio sguardo concentrato sul NIE, sembrava un presepe vivente.
Titolo della trasmissione: "Il divo e noi".
"Ne hanno discusso in studio Paolo Cirino Pomicino, Claudio Martelli, il direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli, il regista del film "Il divo" Paolo Sorrentino, Anna Bonaiuto, attrice, lo scrittore Carlo Lucarelli, Umberto Ambrosoli (figlio di Giorgio, l’eroe borghese liquidatore della banca di Sindona), la giornalista Natalia Aspesi e Marco Travaglio".
Freezando la scena, vediamo che ogni ospite rimanda a molti degli elementi citati nel saggio di Wu Ming 1 più altri, secondo me, inerenti.