giovedì, giugno 30, 2011

Boardwalk Empire Recensione


Continua la ricerca di Scorsese nelle viscere del nostro presente.

Il suo cinema è sempre impregnato di una sorta di neorealismo americano, il racconto lucido e spietato degli argini e delle derive della vita intorno a sé. Il presente metropolitano nudo e crudo di Taxi Driver e l'altrettanto crudo romanzo famigliare di Toro Scatenato sono specchio di una generazione non solo di immigrati italiani, la generazione del regista stesso, mai raccontata prima davvero. Poi il cinema di Scorsese si fa storico, l'esigenza di raccontare la realtà circostante diventa esigenza di ricostruire le epoche in modo verosimile per disfare, in qualche modo, i danni che l'epica e la retorica hollywoodiana hanno fatto nell'immaginario collettivo, per infrangere il sogno americano e restituirne tutta la realtà.

Così dal il viaggio individuale dalla famiglia Scorsese passa alle famiglie, italiane o iralndesi in (The Departed) risalendo l'albero genealogico dell'america degli immigrati passando dai sessanta ai cinquanta di Good Fellas e Casino, gli anni trenta di The Aviator fino ad approdare alle tribù di immigrati in guerra di Gangs of New York e indietro ad esplorare i modi, gli schemi mentali e le convenzioni sociali degli americani dell'ottocento in L'età dell'innocenza, tutto per mostrarci “ecco da dove veniamo, ecco chi ha reso tale il nostro mondo”.

Adesso il regista produce la bellissima serie HBO Boardwlk Empire ideata da Terence Winter, già creatore de I Soprano, Scorsese firma la regia dell'episodio pilota. Con questa serie il regista produttore sistema un ulteriorie tassello alla sua neorealistica enciclopedia americana specchio dell'immaginario e dell'identità di tutti noi occidentali.


In Boardwalk Empire conosciamo l'america degli anni venti, quella dei reduci della grande guerra e del proibizionismo, il passaggio tra otto e novecento: il tramonto di una generazione di uomini potenti, già moderni fondatori e padroni delle città americane, una generazione di che da lì a poco sarebbe svanita nell'oblio, divorata dalle giovani istituzioni federali e da nuovi conquistatori simbolo della contemporaneità come Al Capone e Lucky Luciano, padri fondatori della malavita di oggi. Vediamo ritratti magistralmente le vestigia epiche della costruzione degli Stati Uniti, il crepuscolo degli uomini che plasmarono selvaggiamente la frontiera in modernità mentre sorgono e si strutturano gli elementi del novecento, le convenzioni politiche e civili, i riti, gli ideali, i valori su cui vivie il nostro presente.


La serie è realizzata con personaggi stupendamente pensati e interpretati da un cast e da una sceneggiatura d'eccezione in cui sono significativi e studiati persino gli sguardi, le pause i gesti. I costumi e gli effetti scenografici sono meravigliosi e lasciano poco al caso se pur si notano delicati inserti originali.
Ormai le serie americane hanno acquistato da un decennio la facoltà di raccontare la realtà ( ne abbiamo parlato diffusamente qui in “accadde in negli USA” ) la capacità di mettere in scena personaggi complessi e sfumati. La lotta tra il bene e il male non segue più il modello retorico tradizionale di cow boys accerchiati contro i selvaggi demoni pellerossa.

Con rinnovata energia la cultura televisiva popolare americana sta esplorando tutte le declinazioni possibili del conflitto morale e della tensione tra verità e menzogna.
L'idea stessa della realtà, dell'identità, della patria e della sua storia sono in ballo qui.
Nucky Thompson interpretato magistralmente dal grande Steve Buscemi è l'America, graziosamente in bilico tra generosità e avidità, vibrante di umanità ma allo stesso tempo disumano, così come sempre in bilico sono tutti i protagonisti, sempre sul filo dell'umanità e dell'abisso.

Certamente insieme a Six Feet Under e Mad Men, Boardwalk Empire è una delle serie più significative della produzione americana recente.

3 commenti:

Massi Cavallo ha detto...

E notevole è anche la serie di documentari dal buon Martin prodotta di qualche anno fa che si chiama "the Blues" http://it.wikipedia.org/wiki/The_Blues_(film) nella quale si traccia la storia di questo genere fondamentale tornando in Africa, back to the roots. Se non ricordo male c'è anche una fantastica intervista a Salif Keita. Insomma merita e per molti motivi.
Una delle puntate, che però non ho visto, ha per regista Clint Eastwood. Per dire.
Ciao Dani, a bientôt!

Massi Cavallo ha detto...

Uè Daniele, Mormur c'est moi, Massi Cavallo... Quello era un blog aperto e mai utilizzato che non mi ricordavo nemmeno di avere ma che, evidentemente è collegato al mio indirizzo e-mail.
E' proprio vero che la rete non dimentica, ciauuu !

Daniele Marotta ha detto...

Ammigoo!
Si, anche il documentario sugli Stones deve essere bello e le lezioni di cinema. Il buon Martin lascia il segno in molti modi, adoro questa versatilità e generosità dei maestri anglofoni di "dedicarsi" anziché stare nella torre d'avorio.

Ciao Massi, Boardwalk Empire merita davvero, se vuoi te la porto.

D.